Problem Solving & Formazione

d7da6689e98e589cd9a757bc2399e5fe070e11ad

Il processo che i professionisti infermieri mettono in atto per risolvere i problemi, in letteratura è definito Problem Solving (Eisenhauer, Gendrop, 1990). Il Problem Solving è composto da varie fasi in cui predominano il Ragionamento Diagnostico, il Giudizio Prognostico e il Decision Making (Taylor, 2000). Nella fase del Ragionamento Diagnostico si analizza una situazione difficile e si producono ipotesi di problemi che vengono sistematicamente accettate o rifiutate attraverso una valutazione mirata (Tanner, Padrick, Westfall et al., 1987). Nel Giudizio Prognostico si prospettano dei cambiamenti in determinate aree individuate come ambiti di possibili azioni e di probabili risultati ottenibili (Ting Ting, Mills, 2000); anche in questa fase avvengono importanti elaborazioni di informazioni finalizzate alla comprensione della situazione del paziente e all’individuazione delle variabili che potrebbero influenzare il corso degli eventi. Nella fase del Decision Making viene effettuata la scelta del problema da trattare prioritariamente e del tratta- mento da mettere in atto; tale fase si conclude con la valutazione dei risultati ottenuti sul paziente (Watkins, 1998). Lo studente infermiere applica il Problem Solving attraverso il Processo di Nursing che rappresenta l’approccio mentale e operativo che l’infermiere utilizza per pianificare l’assistenza infermieristica (Pesut, Herman, 1998). L’abilità di Problem Solving fa parte quindi del modo di pensare ed agire professionale dell’infermiere ed è parte preponderante della pratica clinica. È un’abilità che nella formazione infermieri- stica costituisce un aspetto core e i contenuti, gli stru- menti ed i metodi didattici utilizzati in aula e nel tiro- cinio devono essere diretti a coltivarla costantemente. Dalla letteratura emergono numerose strategie utili per favorire lo sviluppo del pensiero critico dello studente e quindi la sua capacità di risolvere i problemi, quali: l’uso di simulazioni, casi clinici strutturati, l’Objective Structured Clinical Examination (OSCE) e le discussioni cliniche a piccolo gruppo impostate secondo la metodologia del Problem Based Learning (PBL) (Rossignol, 1997). Tutte queste strategie hanno in comune il ruolo “forte” di colui che le conduce, vale a dire il tutor, che deve stimolare continuamente le domande ed insinuare dubbi affinché lo studente costruisca personalmente la base delle proprie affermazioni (Kurfiss, 1998).

L’apprendimento del Processo di Nursing al corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Udine
L’apprendimento del Processo di Nursing al Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Udine si avvale di un percorso teorico d’aula e di un percorso applicativo. Il percorso teorico d’aula propone lezioni frontali e laboratori nei quali si aiuta lo studente ad applicare i contenuti acquisiti per risolvere i problemi del paziente in una situazione simulata. Il percorso clinico si avvale del Briefing, del Debriefing e della discussione del caso secondo la Metodologia OSCE. Il Briefing ed il Debriefing sono parte preponderante del ciclo di apprendimento clinico e hanno lo scopo di preparare lo studente all’esperienza clinica per trasformarla in reale apprendimento attraverso una riflessione guidata ed analisi dell’esperienza di tirocinio (Matheney, 1989). Lo studente durante il tirocinio effettua delle pianificazioni assistenziali su una cartella infermieristica ad uso didattico impostata secondo i modelli funzionali di salute di Marjory Gordon (Gordon, 1994) e utilizza la Tassonomia Diagnostica NANDA (North American Nursing Diagnosis Association) (North American Nursing Diagnosis Association, 1999). Queste pianificazioni vengono discusse con il tutor didattico secondo la Metodologia OSCE. Lo studente applicando questa metodologia deve sostenere i giudizi clinici formulati sulla base dei dati raccolti e delle priorità scelte, deve motivare gli obiettivi pianificati, gli interventi effettuati e discutere la valutazione prevista ed effettuata per quanto riguarda i tempi e gli indicatori strutturati (Harden, Stevenson, Wilson Dounie et al., 1975). Per ogni periodo di tirocinio lo studente partecipa ad un numero crescente di Briefing, Debriefing e discussione dei casi secondo la Metodologia OSCE. Poiché la maggior parte di queste strategie vengono messe in atto nel secondo anno di corso, il presente studio è stato effettuato proprio in questo anno. I periodi di tirocinio considerati sono stati tre.
Conclusioni
L’obiettivo del presente studio è stato quello di evidenziare se lo studente acquisisce abilità di Problem Solving durante il proprio iter formativo e se le Strategie Didattico-Tutoriali utilizzate contribuiscano a migliorala. Le pianificazioni assistenziali analizzate hanno evidenziato che gli studenti del secondo anno hanno iniziato ad acquisire questa abilità al raggiungimento della quale contribuiscono tutte le Strategie Didattico-Tutoriali attivate. Indubbiamente a questo risultato hanno contribuito anche altri fattori quali le conoscenze, l’esperienza clinica e la maturità personale dello studente. La dimensione più critica è il Ragiona- mento Diagnostico dello studente. Sappiamo che molto spesso il problema diagnosticato non è completamente supportato dai dati. Un’altra importante difficoltà è il Ragionamento Prognostico; difficilmente lo studente riesce ad ipotizzare dei risultati misurabili, pertinenti al problema e alla situazione del paziente. Da questo studio sono emersi molteplici quesiti. Sarebbe opportuno approfondire l’analisi realizzata con la tipologia di errori che lo studente effettua nelle pianificazioni assistenziali per sondare alcuni aspetti particolari dell’abilità del Problem Solving. Ad esempio quali sono gli errori effettuati nella fase del Ragionamento Diagnostico? Nell’individuazione del problema, della causa ? Quali gli errori nella fase del giudizio prognostico? La pertinenza dell’obiettivo o la sua misurabilità? Quali gli errori nella fase del Decision Making? In una fase successiva potrebbe essere utile monitorare l’abilità di Problem Solving dello studente già dal primo anno di corso. Si potrebbe ipotizzare anche la possibilità di confronto con altre sedi di formazione infermieristica che utilizzino il modello adottato presso l’Università di Udine. Infine si potrebbero ipotizzare degli studi per verificare se il miglioramento dell’abilità di Problem Solving è dovuto realmente alle Strategie Didattico-Tutoriali o intervengono altre variabili confondenti. Alcune considerazioni finali andrebbero fatte anche in merito alle caratteristiche della cartella infermieristica ad uso didattico ed al suo utilizzo. È possibile che alcuni “errori” effettuati dagli studenti nelle abilità di Problem Solving siano dovuti alla struttura delle cartelle infermieristiche che si adattano con difficoltà ai rapidi cambiamenti del paziente? Le abilità di Problem Solving dello studente potrebbero essere ulteriormente migliorate da una pianificazione assistenziale integrata con altri professionisti del team assistenziale? Altri interrogativi potrebbero essere sollevati riguardo alla tassonomia NANDA: è la più adatta alla realtà infermieristica italiana?
La ricerca effettuata ha fornito molte informazioni sull’efficacia di alcune Strategie Didattico-Tutoriali attivate presso il corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Udine che potrebbero essere utili anche presso altre sedi formative.

Estratto di un interessante articolo:
Giampiera Bulfone Caterina Galletti Ercole Vellone Antonietta Zanini Rosanna Quattrin,
“L’abilità di problem solving dello studente infermiere: l’esperienza del corso di Laurea in Infermieristica dell’Universita’ di Udine”, Prof Inferm. 2008 Giu-Set 61(3):139-48.

Pubblicato da korraton

Laureato Magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.