Sistemi organizzativi assistenziali

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Modelli organizzativi.

Assistenza Funzionale

Nato negli anni Trenta e Quaranta del XX secolo e di derivazione dal modello meccanicistico, questo sistema prevede che i compiti principali siano assegnati dal coordinatore, o dall’infermiere capoturno, agli altri membri del gruppo di lavoro (giro visita, giro letti, giro terapia ecc…). Laddove sono stati predisposti protocolli e procedure, si tende a seguirli rigidamente. Gli infermieri hanno poche possibilità di incontrarsi per coordinare il lavoro.

Vantaggi

È di solito il sistema organizzativo più economico qualora ci si debba accontentare di uno standard di assistenza sicura, cioè del livello minimo accettabile. In un contesto caratterizzato da una Leadership autocratica, questo sistema permette al coordinatore un controllo diretto dell’attività degli infermieri; gli infermieri soddisfatti sono coloro che prediligono le attività di routine e la dipendenza dal superiore.

Svantaggi

L’assistenza funzionale è per sua natura frammentaria e non permette agli infermieri una visione globale delle esigenze dei pazienti; stimola ben poco lo sviluppo professionale e impegna notevolmente il coordinatore nella programmazione e nel coordinamento delle attività quotidiane, a scapito di una progettazione e pianificazione a più vasto raggio e delle attività di valutazione e formazione.

Team Nursing o Piccole Equipe.

Ideato dopo la seconda guerra mondiale, più evoluto e adattabile del modello funzionale, si basa sulla collaborazione di più operatori nel prendersi cura di un certo numero di pazienti. Il gruppo è diretto da un infermiere e può comprendere il personale di supporto, il numero dei membri del gruppo è in genere non inferiore a 3. Di norma è il coordinatore che suddivide gli operatori presenti in gruppi (generalmente 2) e assegna al leader di ogni gruppo le persone da assistere il cui numero varia a seconda delle risorse umane complessive e dell’intensità del bisogno di assistenza.

Vantaggi

Il sistema decentra l’autorità sulle decisioni assistenziali dal coordinatore (che può assumere un ruolo manageriale) all’infermiere posto a capo del gruppo, attuando il principio secondo il quale le responsabilità delle prestazioni agli assistiti vanno trasferite il più possibile al livello operativo. Inoltre, sviluppa la comunicazione orizzontale e soddisfa gli operatori desiderosi di ampliare la propria sfera di azione per fornire un’assistenza globale basata sulla metodologia, Problem Solving, (dalla pianificazione fino alla valutazione) e sulla relazione di aiuto. Le persone assistite sono maggiormente coinvolte nella pianificazione dell’assistenza di cui hanno necessità.

Svantaggi

Il principale svantaggio per l’azienda è rappresentato dal numero di operatori che il sistema richiede, che lo rende applicabile solo in certi contesti, essenzialmente nelle terapie intensive e in unità di una certa ampiezza. Il fatto che gli operatori subordinati ricevano disposizioni sia dal coordinatore che dall’infermiere leader può determinare confusione. Infine, non tutti gli infermieri desiderano assumere il ruolo di responsabile di gruppo.

Primary Nursing

Le origini risalgono agli anni 60, e alla base vi stanno i principi di un assistenza personalizzata, continua e di alta qualità. Un infermiere si occupa di 4-6 pazienti, per alcuni dei quali (di solito 2 o 3) funge da infermiere primario o referente. In quanto tale ha la responsabilità e l’autorità di identificare i bisogni e i problemi e di pianificare e valutare i relativi interventi dall’inizio al termine del ricovero. Per quanto riguarda la loro attuazione vi provvede in parte direttamente e in parte soprattutto quando non è in servizio, tramite colleghi che coordina mediante il piano di assistenza e altri eventuali documenti, oltre che con colloqui. Egli è la figura a cui vengono fornite tutte le informazioni sui pazienti e che ha la responsabilità, insieme al coordinatore e per certi aspetti al medico, di controllare la qualità delle prestazioni. Il funzionamento del sistema si basa, oltre che sulla professionalità dell’infermiere primario, anche sull’efficacia della comunicazione: una documentazione dettagliata sia tramite frequenti riunioni volte alla pianificazione, alla segnalazione e soluzione di problemi e al coordinamento degli interventi.

Vantaggi

L’assistenza primaria è centrata sull’utente e, quindi, presumibilmente efficace e tale da assicurarne la massima soddisfazione. Essa garantisce responsabilità e autonomia agli infermieri motivati e capaci, favorendone la gratificazione e lo sviluppo professionale.

Il sistema può essere applicato sia all’assistenza ospedaliera sia a quella domiciliare.

Svantaggi

Ancora più delle piccole equipe, il primary nursing è costoso e applicabile soltanto in certi contesti, anche perché è probabile che richieda frequenti interventi formativi. Infine, può dare origine a difficoltà comunicative fra gli infermieri primari e i loro colleghi.

Assistenza modulare o per settori

Rappresenta una combinazione degli aspetti dell’assistenza di gruppo e del primary nursing quando non vi sono risorse sufficienti per realizzare quest’ ultimo sistema organizzativo. I pazienti ricoverati in un’unità ospedaliera sono suddivisi per moduli, tipicamente di 10-12 persone degenti in camere vicine: ad ogni modulo è assegnato un piccolo gruppo di operatori. Diversamente da quello che accade nel team nursing, l’infermiere non si limita a dirigere gli altri membri del gruppo, che possono essere infermieri e personale di supporto (OSS, OTA e Inf. Generici), ma eroga direttamente l’assistenza con il loro aiuto, a una parte dei pazienti. In più pianifica l’assistenza per tutti i pazienti del modulo, dirigendo i collaboratori nell’erogazione delle prestazioni tecniche di base.

I vantaggi attesi sono tendenzialmente quelli dell’assistenza primaria, anche se non possono essere raggiunti in pieno: lo stesso si può dire per i possibili svantaggi.

Case Management

Il termine compare nela letteratura infermieristica americana alla metà degli anni 80 per indicare un processo di erogazione delle prestazioni sanitarie incentrato sull’utente e avente lo scopo di integrare al massimo gli interventi necessari, evitandone la frammentazione e la casualità, garantire un’assistenza appropriata che migliori la qualità di vita e contenere i costi.

L’infermiere Case Manager (“gestore del caso”) ha la responsabilità di provvedere all’accertamento nei confronti del paziente e dei suoi familiari, stabilire la diagnosi infermieristica, sviluppare il piano di assistenza infermieristica, assegnare l’assistenza a colleghi, attivare gli interventi, coordinare e collaborare con il gruppo interdisciplinare e valutare i risultati.

Possiamo dire che le funzioni de case manager sono le seguenti:

  • valutazione dei bisogni e dei problemi di natura bio-psico sociale e spirituale dell’assistito;
  • Pianificazione degli interventi da disporre in successione in modo appropriato evitando duplicazioni, tempi morti e sprechi. Non si tratta solo di programmare interventi infermieristici ma anche di coordinarli con quelli di altri operatori, a cominciare dai medici.
  • Monitoraggio continuo per adeguare gli interventi e, se necessario, rivedere il piano assistenziale.
  • Valutazione degli esiti di competenza per gestire in collaborazione con il paziente gli eventuali problemi residui e contribuire a evitare le recidive.

La sede privilegiata del case manager è il territorio; l’infermiere case manager può seguire contemporaneamente diverse persone, alcune in ospedale, altre in comunità e svolge anche l’importante funzione di educatore e consulente.

Assistenza per cellule.

La caratteristica principale di questa modalità organizzativa, introdotta di recente è legata anche ai concetti della Lean Organizzation, consiste nella soluzione, per quanto possibile, dei problemi del paziente, da parte di un team multifunzionale, all’interno di un’unica “cellula” o comunque con il minimo di spostamenti.

Le cellule sono unità produttive che, analogamente alle cellule biologiche, si devono adattare costantemente all’ambiente circostante mentre svolgono le loro attività.

In ambito organizzativo assistenziale e cellule si differenziano dai tradizionali reparti ospedalieri perchè non sono suddivise per specialità clinica ma sono disegnate per accogliere un alto numero di pazienti con caratteristiche e bisogni simili e perchè hanno chiari obiettivi di performance. Ad esempio na cellula può essere disegnata sulla durata di degenza per accogliere tutti i pazienti che devono sottoporsi ad un intervento chirurgico programmato che comporta una degenza inferiore a 5 giorni (Week Surgery).

È necessario chiarire ce questo modo di strutturare gli ospedali deve coniugarsi con un modello di assistenza infermieristica che sia personalizzata e orientata ai percorsi (case manager). In questa organizzazione il coordinatore infermieristico monitorizza quotidianamente il flusso dei pazienti e il loro carico assistenziale in modo da distribuire le risorse (infermeiri, oss ecc..) secondo criteri di efficacia ed efficienza.

Inoltre, poichè le cellule sono disegnate per un rapido turn over dei pazienti il coordinatore potrà avalersi quando necessario della figura del Bed Manager ovvero un operatore con formazione specifica su tempi e metodi di produzione.

Il Chronic Care Model

Questo sistema organizzativo riguarda il territorio e il domicilio ovvero le sedi più indicate per l’assistenza alle persone con malattie croniche alle quali è dovuto circa il 60% di tutti i decessi a livello mondiale.

Secondo il Chronic Care Model, svilupato da E.Wagner e sostenuto dalle evidenze scientifiche, vi sono sei elementi fondamentali su cui bisogna agire per fornire una buona assistenza alle persone con malattie croniche.

  1. Collegamenti delle organizzazioni sanitarie con le risorse della comunità (volontariato, autoaiuto e autogestiti).
  2. Le organizzazioni sanitarie che considerano prioritaria una gestione innovativa delle malattie croniche in ambiente extraospedaliero.
  3. Il supporto alla cura di sé da parte dei pazienti che spesso vivono con la loro patologia per anni.
  4. Organizzazione del team (Medici di famiglia, infermieri, educatori…) che distingua adeguatamente la gestione programmata della cronicità dalla cura per acuti.
  5. Supporto alle decisioni. Adozione di linee guida basate sulle evidenze che fornisca al team gli standard per garantire la migliore assistenza possibile ai pazienti cronici.
  6. Sistemi informativi computerizzati che fungano da registri di patologia (elenco di tutti i pazienti con una specifica condizione cronica in carico al team) per pianificare la cura individuale dei pazienti e per gestire un’assistenza population-based.

Alla base del modello vi è l’approccio population based, che si propone di gestire la salute dell’intera popolazione sulla base della stratificazione del rischio da cui emergono differenti bisogni per i vari soggetti e da qui l’esigenza di differenti livelli di intensità di assistenza.

L’obiettivo finale di questo modello è un paziente informato e in grado di autogestirsi che interagisce con un team mutiprofessionale preparato e proattivo con prevedibili vantaggi di efficacia e appropriatezza degli interventi.

Pubblicato da korraton

Laureato Magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

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