La rappresentazione della conoscenza: introduzione epistemologica

LógicaEpistemologia e rappresentazione della conoscenza
Introduzione

La disciplina che noi oggi chiamiamo epistemologia può essere sostanzialmente identificata con lo studio critico dei fondamenti del sapere scientifico unito alla determinazione dell’origine logica, del valore intrinseco di quel sapere e della sua portata oggettiva.
In ordine al comprendere le identità dei saperi delle singole teorie e le loro mutue interconnessioni è fondamentale comprendere le relative condizioni regolative e con esse l’analisi dei principi, delle ipotesi, dei risultati e delle rivoluzioni delle diverse scienze.
L’epistemologia ci appare oggi come il modello contemporaneo della scientificità, sostituendosi, o forse addirittura sovrapponendosi alla gnoseologia (gnosi, conoscenza) o ad una parte rilevante di essa.
Epistemologia = filosofia della scienza
“termine, coniato sulle parole greche epistème (scienza) e logos (discorso), con cui si indica quella branca della teoria generale della conoscenza che si occupa di problemi quali i fondamenti, la natura, i limiti e le condizioni di validità del sapere scientifico, tanto delle scienze cosiddette esatte (logica e matematica), quanto delle scienze cosiddette empiriche (fisica, chimica, biologia, ecc.; psicologia, sociologia. storiografia ecc.). L’epistemologia è quindi lo studio dei criteri generali che permettono di distinguere i giudizi di tipo scientifico da quelli di opinione tipici delle costruzioni metafisiche e religiose, delle valutazioni etiche, ecc. In questo senso l’epistemologia è considerata parte essenziale della filosofia della scienza “.
Rimarchiamo ancora che Epistemologia, dal greco επιστημη, significa appunto «discorso sulla filosofia della scienza», intendendo per scienza la conoscenza sicura e rigorosa di definiti ambiti. Pur essendo una disciplina filosofica, l’epistemologia è anche quella parte dell’intera filosofia della scienza che tratta gli aspetti logici e metodologici.
In questo senso, essa è lo strumento conoscitivo attraverso cui valutare lo statuto epistemologico delle diverse discipline (es. medicina, scienze infermieristiche), comprenderne i presupposti, metterne in luce i limiti, ecc.
Propriamente, in quanto branca delle filosofia nasce come disciplina vera e propria nel XIX secolo ma le sue problematiche sono anticipate, sin dall’antica Grecia, nell’intero corso del pensiero occidentale.

Fondamentalmente, l’epistemologia indaga su:

  • La portata delle teorie scientifiche (cosa conosco? contenuto, valore, relazione fra i contenuti veritativi, VERITA’, ecc.)
  • L’affidabilità delle procedure relative al loro controllo intersoggettivo (come conosco? Il metodo della conscenza)

Pertanto, rientrano al suo interno:

  • La logica (studio delle condizioni per cui un ragionamento risulta valido – inferenza, deduzione, induzione)
  • La metodologia (l’insieme delle regole che dovrebbero condurre alla “verità”, o almeno al controllo intersoggettivo delle nostre pretese di averla raggiunta)
  • La gnoseologia (i contenuti della conoscenza e la stessa formazione/origine di tali contenuti nel soggetto conoscente)

I cinque argomenti fondamentali:

LA STRUTTURA DEL DISCORSO SCIENTIFICO
– quali sono i requisiti che un enunciato deve soddisfare per essere considerato scientifico (episteme e non doxa)?

 LA CLASSIFICAZIONE DELLE DIVERSE DISCIPLINE E I LORO FONDAMENTI
– è legittimo distinguere tra scienze formali e scienze empiriche?
– le scienze della natura (fisica, chimica…) e scienze dell’uomo (psicologia, antropologia…) necessitano di metodi diversi?
– qual’è la relazione tra una scienza e l’altra?

 IL RAPPORTO TRA TEORIA ED ESPERIENZA NELLA RICERCA SCIENTIFICA

  • dicotomia tra linguaggio teorico e linguaggio osservativo (dal greco dichotomia, “divisione in due”)
  • natura e valore dell’esperimento scientifico
  • struttura logica della conoscenza (razionalismo/empirismo, deduttivismo/induttivismo)

LO SVILUPPO DELLA CONOSCENZA SCIENTIFICA

  • la scienza descrive la realtà effettiva o è una rappresentazione intellettuale?
  • la conoscenza scientifica è oggettiva o relativa? sovrastorica o condizionata?
  • il progresso scientifico ha carattere cumulativo?

RAPPORTI TRA SCIENZA E ALTRE FORME DI CULTURA

(arte, religione, politica, morale, storia, economia…)

  • Conoscere ed agire, conoscere per agire: dalla scienza alla tecnica.
  • L’idea di conoscenza scientifica nella Grecia antica e la classificazione del sapere in Platone e Aristotele: opinione (immaginazione e credenza) e scienza (dianoia e noesis).
  • Episteme e techne: lo statuto epistemologico della medicina ippocratica e le forme del conoscere in medicina (esperienza e osservazione).
  • Galileo e la nascita della scienza sperimentale: il metodo della conoscenza scientifica.
  • Conoscere quantitativamente e conoscere qualitativamente, Dall’empirismo al positivismo ottocentesco: il rapporto fra conoscenza scientifica ed etica.
  • Verità e conoscenza: l’epistemologia contemporanea tra realismo e antirealismo.
  • Conoscere l’uomo: il problema del riduzionismo nella biomedicina e nella ricerca scientifica.
  • Il paradigma delle tecnoscienze.

La nascita della filosofia

  • La filosofia pre-socratica nasce dal tentativo razionale di comprendere i fenomeni naturali, discostandosi dal mito
  • Osservazione naturale come “via” per rispondere alle domande cosmologiche e ontologiche.

Parmenide e la via della verità

Nella cultura greca classica la scienza veniva identificata con la filosofia.
Parmenide indicava con il termine epistéme, la conoscenza vera cioè quella fondata sulla ragione, che si opponeva all’opinione (doxa) basata sui sensi e quindi ritenuta fallace. Egli ritiene che la via della verità sia la via che conduce alla comprensione dell’essere. Tale via può essere sintetizzata in 4 principi metodologici:
1. Esiste un metodo che mette l’uomo in grado di pervenire alla verità;
2. Seguendo tale metodo, è possibile conoscere l’essere, senza farsi fuorviare da quelle indicazioni che conducono all’errore;
3. Tale metodo insegna che è con il pensiero, e non con i sensi, che l’essere viene appreso;
4. L’essere è dunque conoscibile mediante il pensiero (noein) ed è esprimibile col linguaggio (logos).
Il mondo sensibile, quindi, per Parmenide è solo “apparenza” e di esso potrà darsi né spiegazione vera, né del tutto falsa, ma solo una spiegazione verosimile.

Platone e la teoria della linea
“Considera per esempio una linea divisa in due segmenti disuguali, poi continua a dividerla allo stesso modo distinguendo il segmento del genere visibile da quello del genere intelligibile. In base alla relativa chiarezza e oscurità degli oggetti farai un primo taglio, corrispondente alle immagini: considero tali in primo luogo le ombre, poi i riflessi nell’acqua e nei corpi opachi lisci e brillanti, e tutti i fenomeni simili a questi. […] Considera poi l’altro segmento, di cui il primo è l’immagine: esso corrisponde agli esseri viventi, alle piante, a tutto ciò che esiste”
(Platone, Repubblica 509d-510a)

  • La cosiddetta Teoria della linea, esposta da Platone nel dialogo la “Repubblica” nel libro sesto, esplica il rapporto tra la filosofia ed il suo metodo specifico e le altre forme di conoscenza con i propri.
  • Con questa teoria, Platone vuole sancire l’enorme differenza tra il mondo dell’opinione, e quello della verità, tra il sensibile e l’intelligibile, e la differenza metodologica da adottare per ottenere l’ascensione dialettica dalla conoscenza dal mondo materiale a quello razionale.
  • Immaginiamo un segmento bisecato, rappresentante il mondo visibile da una parte (C-E), e il mondo intelligibile dall’altra (A-C). Quello visibile, dato che è accessibile alla nostra percezione, è rappresentato dal tratto più lungo.
  • Suddividiamo poi ulteriormente i due segmenti, in modo da ottenere quattro parti. Anche questa volta, alla sfera del concreto va riservato il segmento più lungo.
  • Secondo Platone la conoscenza si articola in 2 stadi:
  • l’opinione (doxa, δόξα) e la scienza (episteme, ἐπιστήμη).
  • L’opinione a propria volta si divide in immaginazione (eikasia, εἰκασία) e credenza (pistis, πίστις), mentre la scienza si divide in ragione discorsiva (διάνοια) e intellezione (νόησις).
  • Νόησις – Forme intelligibili più alte, perché raggiunte e sviluppate per via puramente speculativa (AB): la filosofia, cioè la vera scienza.
  • Διάνοια – Forme di verità intelligibili, ma meno alte, perché basate su un riscontro empirico (BC): la geometria e le scienze in genere.
  • Πίστις – Gli oggetti visibili (CD): gli animali, le piante, gli uomini e tutte le loro produzioni.
  • Εἰκασία – Le manifestazioni di oggetti visibili (DE), ossia le immagini: le ombre, i riflessi nell’acqua, i miraggi, le illusioni ottiche ecc.

 

Dal filosofare platonico alla filosofia aristotelica

  • Per Platone la filosofia non è che il “filosofare”, cioè l’uomo che cerca di realizzare il suo vero se stesso, ricollegandosi all’essere, e al bene che è il principio dell’essere.
    Platone non si pone il problema di ciò che è la filosofia, ma solo il problema di ciò che è il filosofo, l’uomo nella sua compiuta e autentica realizzazione.
  • Per Platone la filosofia è ricerca dell’essere ed insieme realizzazione della vita vera dell’uomo in questa ricerca: è scienza e, in quanto scienza, virtù e felicità.
    Per Aristotele, invece, il sapere non è più la vita stessa dell’uomo che cerca l’essere e il bene, ma una scienza oggettiva che si scinde e si articola in numerose scienze particolari, ognuna delle quali acquista una sua autonomia.
  • Per cui, da un lato, per Aristotele la filosofia è diventata l’intero sistema delle scienze singole, dall’altro è essa stessa scienza singola (la “regina” delle scienze singole, ma che tuttavia non le assorbe, né le risolve in se stessa).
  • La filosofia è quindi diretta alla costituzione di una enciclopedia delle scienze nella quale nessun aspetto della realtà resti trascurato. La stessa vita morale dell’uomo diventa l’oggetto di una scienza particolare che è l’etica, la quale è autonoma, come ogni altra scienza, di fronte alla filosofia.
  • La filosofia, in quanto scienza obiettiva, deve costituirsi per analogia con le altre scienze. E come ogni scienza è definita e resa specifica dal suo oggetto: così la filosofia deve avere un oggetto proprio che la caratterizzi di fronte alle altre scienze e nel contempo le dia, di fronte ad esse, la superiorità che le spetta.

Qual’è l’oggetto della filosofia per Aristotele?
Vi sono due prospettive sull’oggetto della filosofia nel pensiero di Aristotele:
1.  La prima è quella per cui la filosofia è la scienza che ha per oggetto l’essere immobile e trascendente, “il motore” dei cieli e di ogni realtà. Essa è, propriamente parlando, la teologia: la scienza più alta perché studia la realtà più alta, quella divina.
Tuttavia, se fosse solo questo, la filosofia mancherebbe di universalità giacché il suo oggetto (benché più alto e nobile di quello delle altre scienze) la renderebbe una scienza particolare che non ha niente a che fare con le altre scienze.
2. La seconda, quindi, è quella per cui l’oggetto della filosofia è l’aspetto fondamentale e proprio di tutta la realtà: l’essere in quanto tale.
Tutto il dominio dell’essere, infatti, è diviso fra le singole scienze, ognuna delle quali considera un aspetto particolare di esse. La filosofia invece considera l’essere in se stesso, prescindendo dalle determinazioni che costituiscono l’oggetto delle scienze particolari.

La filosofia come “scienza dell’essere in quanto essere”

  • Intesa come “scienza dell’essere in quanto essere”, la filosofia consente di giustificare il lavoro delle scienze singole, ma dà alla filosofia stessa la piena autonomia e la massima universalità, costituendola come il presupposto indispensabile di ogni ricerca.
  • In questo senso la filosofia non è più soltanto teologia, bensì la teologia è una sua parte, ma non la prima né la fondamentale, poiché la fondamentale è quella che si occupa del principio per il quale l’essere, ogni essere (sia Dio sia la realtà naturale), è veramente e necessariamente tale: la filosofia prima o metafisica.

Aristotele e le forme del sapere umano

Il quadro epistemologico delle varie scienze, così come presentato secondo la classificazione aristotelica, comprende una distinzione complessiva delle diverse sfere della conoscenza scientifica in teoretica, pratica e poietica (produttiva) sulla base di considerazioni inerenti l’oggetto e il fine delle diverse discipline.
1. Scienza Teoretica o speculativa (theorèo=contemplo): attività cognitiva che non ha altro fine se non la conoscenza in se stessa (teologia, metafisica, ecc.)
2. Scienza pratica (praxis): conosce per agire, cioè, per utilizzare la conoscenza acquisita con l’attività teoretica in un altro tipo di attività, di qualunque genere essa sia:
– La conoscenza pratica, poi, può essere anche poietica (pòiein=fare) quando mira a produrre qualcosa.
Sia l’azione che la produzione implicano un sapere, ed in entrambi i casi il sapere non è fine a se stesso, ma è finalizzato al fare.
Origine della medicina razionale
La medicina razionale si sviluppa favorita da alcuni processi che, oltre al metodo “scientifico” dei presocratici, possono essere così sintetizzati:
– Il pensiero naturalistico della Ionia si esprime formulando una ipotesi;
– Il carattere pratico dell’esercizio della medicina;
– Passaggio dalla divinazione (esame dei visceri animali attraverso il tagliare; anatemno = anatomia) alla osservazione anatomica;
– L’attenzione verso le malattie di lunga durata;
– Il distacco della medicina dalla filosofia
Filosofia e medicina
“Il saper curare venne considerato una parte della filosofia, poiché sia la cura delle malattie sia lo studio della natura ebbero alla nascita gli stessi maestri” (Celso, De Medicina. Prooemium, 6)
1. La medicina come “scienza del particolare”: il Corpus Hippocraticum
2.  La filosofia come “scienza dell’universale”: I dialoghi platonici e le opere di Aristotele
“La medicina da gran tempo ormai dispone di tutte le condizioni, e il principio e la via sono stati scoperti, grazie ai quali in lungo corso di tempo sono state fatte molte ed egregie scoperte, e il resto nel futuro sarà scoperto, se chi è in grado di farlo e ha conoscenza di quanto già è stato scoperto, da questo prendendo le mosse porterà avanti la ricerca”. (Ippocrate. Antica medicina)
– Medicina “filosofica” vs Medicina “autonoma”
– Con Ippocrate la medicina acquisisce lo status di arte (techne)
La medicina come Techne

  • Le caratteristiche principali dell’arte (téchne) in generale possono essere sintetizzate in questo modo:
    – L’arte è la conoscenza di un determinato campo: ha, cioè, uno specifico soggetto e studia la natura di questo;
    – è orientata ad un fine specifico;
    – produce un risultato utile;
    necessita della padronanza di principi razionali generali che possono essere, pertanto, spiegati ed insegnati.
  • La téchne iatrike ha le seguenti caratterisitche:
    – la medicina è un arte il cui soggetto specifico di conoscenza è il corpo umano malato;
    – il suo fine è quello di risanare e aiutare il paziente;
    – il “prodotto” della medicina è la salute del paziente individuale;
    la medicina indaga i suoi principi generali e fornisce una spiegazione razionale delle sue azioni.

“se un uomo chiedesse dall’arte un potere sopra ciò che non appartiene all’arte (…) la sua ignoranza è più alleata alla pazzia che alla mancanza di conoscenza” (Ippocrate, Arte medica VIII)

Ippocrate e la teoria degli umori

  • La medicina non ha bisogno di postulati, ma soprattutto di ascoltare il paziente, unendo quindi anamnesi e prognosi grazie all’abilità (techne) del medico che sa sintetizzare esperienza (empeireia) e scienza (episteme).
  • La malattia è dovuta ad uno squilibrio nell’organismo di umori e qualità: sangue (cuore), flegma (cervello), bile gialla (fegato) e bile nera (milza) (e, rispettivamente, caldo, freddo, secco e umido).
  • Il corpo è un contenitore unico, per cui uno squilibrio di un umore o di una parte del corpo porta allo squilibrio del tutto, a causa del mutare degli eventi esterni (stagioni, acque e venti), o per via del cattivo regime di vita.
  • La terapia deve tendere a far riacquisire l’equilibrio perduto, col regime di vita o con interventi terapeutici (incisioni, salassi, purghe o emetici)

Il metodo diagnostico

  • La diagnosi si basava sull’anamnesi, sull’osservazione dei sintomi, sull’attento esame fisico del malato, dalle variazioni di temperatura al colorito della pelle, alla costituzione, alla postura, alla respirazione. In grande considerazione erano tenuti anche altri segni clinici.
  • Gli ippocratici assaggiavano il sangue, le urine, il muco, annusavano le feci e annotavano la viscosità del sangue. Importanti erano anche i fattori ambientali, il tipo di fonte d’acqua, l’esposizione ai venti e al sole della città e della casa del malato, i cibi ingeriti
  • Caratteri del metodo ippocratico
    – Fondato sull’osservazione e l’esperienza;
    – Ricerca delle cause naturali;
    – Attenta raccolta dei dati;
    – Le deduzioni e le diagnosi derivavano soltanto da fenomeni verificabili;
    – L’uso di mezzi terapeutici naturali e razionali;
    La centralità dell’individuo e l’approccio olistico;
    L’insegnamento alò capezzale del malato;

Aristotele

  • Il pensiero di Aristotele si origina (per così dire) dai punti critici della dottrina di Platone.
  • Come già ricordato:
    – Per Platone la “vera scienza” è soltanto la conoscenza della forma, ovvero dell’idea-numero (èidos) in quanto oggetto di intuizione intellettuale
    – La conoscenza è fondamentalmente riminescenza (anamnesis) perché la nostra anima (immortale) è stata già in contatto con la verità (alètheia) nell’iperuranio.
  • Tuttavia, reali sono gli individui e non le idee, pertanto la causa della realtà dovrà essere ricercata nelle stesse cose visibili
  • La metafisica, o filosofia prima (scienza teoretica per eccellenza) è la via per arrivare a questa conoscenza, essa infatti:
    – Studia le cause e i principi primi
    – Studia l’essere in quanto essere
    – Studia la sostanza
    – Studia Dio come “causa finale”

 

Aristotele: l’essere e la sostanza

  • L’essere ha molteplici aspetti e significati divisibili in quattro gruppi principali:
    – l’essere come categoria
    – l’essere come potenza e atto
    – l’essere come accidente
    – l’essere come vero (e il non essere come falso)
  • Le categorie sono le caratteristiche fondamentali che ogni essere possiede (attraverso cui è possibile classificare gli enti sulla base della loro differenza): sostanza, qualità, quantità, relazione, dove, quando, relazione, agire, subire, avere, giacere
  • La categoria fondamentale è la sostanza, ovvero ciò che è in sé e per sé: se infatti l’essere può venire descritto attraverso le categorie, queste si riferiscono alla sostanza. A differenza della sostanza, le nove rimanenti categorie si devono definire, quindi, “accidenti” in quanto non hanno vita indipendente, ma esistono solo nel momento in cui ineriscono alla sostanza. Il bianco, ad esempio, non è un ente autonomo come un uomo. Perciò nella frase “l’uomo è bianco», uomo è sempre sostanza prima, mentre bianco è accidente della sostanza, appartenente alla categoria della qualità (di fatti, l’uomo può essere pure nero).

Aristotele: forma e materia- potenza e atto

  • La sostanza è ogni individuo concreto, nella sua unione di forma e materia.
    – La forma è la natura propria di una cosa, ciò che la rende quel che è e la distingue dalle altre – la sua essenza – il “cos’è?” della cosa
    – La materia è ciò di cui la cosa è fatta (elemento passivo strutturato dalla forma)
  • Tutti gli esseri, prima di qualunque altro valore, sono accomunati dal fatto di essere delle sostanze.
  • Tutte le scienze particolari, in quanto sono tutte rivolte alla ricerca e alla definizione delle sostanze, hanno la stessa dignità
  • I concetti di essere “in potenza” e “in atto”

– La potenza è la possibilità da parte di qualcosa di assumere una certa forma.
– L’atto è la realizzazione di quel cambiamento (Es: Un seme è in potenza un fiore. Il fiore è il seme in atto).
– L’atto è superiore alla potenza poiché è la causa, il senso, il fine di ciò che è in potenza.

Aristotele: Dio Motore immobile

  • La materia non può avere in se stessa la causa del proprio movimento. Dunque tutto ciò che si muove, è necessariamente messo in moto da qualcos’altro
    – Il principio primo immobile è un Primo Motore Immobile a cui fa capo tutto il movimento. E’ Dio.
    – Dio, la causa finale.
    – Dio, il Motore Primo, non muove il mondo come causa efficiente, ma come causa finale (come un “oggetto d’amore”)

“Il primo motore dunque è un essere necessariamente esistente, e in quanto la sua esistenza è necessaria si identifica col bene, e sotto tale profilo è principio. […] Se, pertanto, Dio è sempre in uno stato di beatitudine, che noi conosciamo solo qualche volta, un tale stato è meraviglioso; e se la beatitudine di Dio è ancora maggiore essa deve essere oggetto di meraviglia ancora più grande. Ma Dio, è appunto, in tale stato!”
(Aristotele, Metafisica XII, 1072, b 9-30)

Aristotele: la dottrina delle quattro cause
Causa materiale (la materia è il sostrato senza cui l’oggetto non esisterebbe);
Causa efficiente (l’abilità dello scultore che determina effettivamente un cambiamento);
Causa formale (consiste nelle qualità specifiche dell’oggetto stesso, nella sua essenza ovvero ciò per cui una cosa e quella che è e non un’altra cosa);
Causa finale (la più importante di tutte, in virtù della quale esiste un’intenzionalità nella natura; è lo scopo per cui una certa realtà esiste).

A partire da Aristotele si elabora, quindi, una teoria detta:

FINALISMO

  • Concezione che afferma l’esistenza della finalità come motore principale della realtà, anche al di fuori dell’attività consapevolmente orientata a determinati scopi
  • Platone: la realtà subordinatà ai disegni dell’intelligenza ordinatrice del grande demiurgo (contro il fisicismo dei presocratici)
  • Aristotele: il fine è interno alla natura
  • Il finalismo aristotelico domina ogni dinamica e settore della realtà. Perfino i corpi inorganici e gli astri, con la “dottrina dei luoghi naturali” (ogni elemento si muove per propria natura in una direzione determinata dal suo peso) e la geografia astronomica tolemaica.

L’etica in relazione alle forme del sapere umano

  • Per Aristotele anche l’etica è una “scienza pratica”:
    – Scienza, in quanto implica un sapere
    – Pratica, in quanto tale sapere ha come fine l’azione
  • L’etica è quindi scienza dell’agire e, poiché la scienza (almeno nella prospettiva Aristotelica) è costitutivamente un sapere causale (conosce cioè le cause), l’etica studia le determinazioni in virtù delle quali l’azione si produce in modo tale da realizzare il tipico modo d’essere dell’uomo.
  • Le determinazioni in base cui si produce un’azione, infatti, sono facoltà umane (volontà, deliberazione, scelta, ecc.) e lo studio di esse ci permette di comprendere in che modo l’uomo può realizzare se stesso, in conformità alla sua natura.

Cos’è l’etica
L’etica filosofica (detta anche “filosofia morale”) viene comunemente intesa come “la scienza che indica ciò che l’uomo deve fare per essere buono”, o meglio ancora “la scienza di ciò che l’uomo deve essere, poiché la vita morale non consiste soltanto nel fare in senso stretto, ma nell’orientare tutta la nostra attività in un determinato modo, verso un determinato ideale umano” (S. Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, 1985)
Si tratta quindi di una riflessione sull’agire umano, a partire dalla consapevolezza del suo essere dotato di ragione e libertà, e in vista della conoscenza del fine dell’esistenza (come anche di ogni singola azione) e del modo per raggiungere tale fine.
L’oggetto della ricerca morale è il bene dell’uomo che, però, non ha come fine la sola conoscenza del bene, bensì la sua realizzazione (altrimenti il conoscere sarebbe inutile)

Il bene come oggetto dell’etica
“Ogni azione ed ogni scelta deliberata tende – tutti ne convengono – ad un bene; perciò a giusta ragione si è dichiarato che il bene è ciò a cui tutte le cose tendono”
(Aristotele, Etica nicomachea, I, 1, 1094a 1-3)
– Chiunque agisce, agisce in vista di un fine: questo rappresenta l’intenzionalità dell’agire umano;
– Si presenta come un fine ciò che manifesta qualche pregio tale da attrarre i miei desideri (un valore);
– Chiamiamo “bene” ciò che viene desiderato e si pone come il fine dell’agire (chiamiamo “male” il suo contrario)

  • Ci deve essere un fine supremo, un fine che è desiderato in se stesso, e non già in quanto condizione o mezzo di un fine ulteriore. Se gli altri fini sono beni, questo fine sarà il bene supremo, quello dal quale tutti dipendono.

Umanesimo e Rinascimento: una concezione di conoscenza completamente nuova

  • La scienza moderna come scienza sperimentale (combinazione tra matematica ed esperimento)
  • Stretto legame tra conoscenza e tecnica
  • La scienza come descrizione (non spiegazione) della natura
  • Distinzione tra soggetto e oggetto.
  • “Superamento” del finalismo
  • La vera conoscenza è possibile solo se eliminiamo la rappresentazione teleologica (tèlos=scopo)
  • Il linguaggio della natura è il linguaggio della matematica (la matematica è priva di scopo)
  • Affrancamento del sapere scientifico e progressiva negazione della metafisica

Pubblicato da korraton

Laureato Magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

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